11/02/2025 - 11/02/2027
Il fenomeno della chiusura degli hotel a Rimini non è una novità. Le oltre 500 strutture alberghiere che oggi risultano inattive non hanno chiuso improvvisamente, ma sono il risultato di un declino iniziato circa vent'anni fa. Ciò che sorprende è che solo ora si parli con forza di questo problema, quando il settore avrebbe avuto bisogno di soluzioni concrete e tempestive già da molto tempo. Eppure, chi avrebbe dovuto difendere e rappresentare la categoria non ha mai avanzato proposte strutturate per invertire questa tendenza negativa.
Le misure adottate nel corso degli anni si sono rivelate palliativi anziché una vera e propria terapia risolutiva. I fondi pubblici della Regione, pur essendo un aiuto, sono insufficienti anche se moltiplicati rispetto al passato. La realtà è che molte delle strutture chiuse non torneranno mai sul mercato: sono economicamente insostenibili e nessun privato investirebbe senza uno strumento urbanistico che consenta una riqualificazione radicale.
Un modello alberghiero obsoleto, con strutture da 20, 30 o 40 camere, non è più sostenibile se non a conduzione familiare, e anche queste realtà sono ormai rare. I costi fissi di un piccolo hotel sono simili a quelli di una struttura con 200 camere, ma senza la stessa capacità di generare profitto. Il fatto che nessun grande marchio alberghiero abbia deciso di investire sulla Riviera dovrebbe essere un segnale chiaro: il contesto attuale non è attraente per chi vuole fare impresa nel settore turistico.
Vanno poste in atto proposte di riconversione e riqualificazione anche se non sempre di semplice attuazione, visti i vari piani regolatori, che partendo dalle Regione devono poi trovare applicazione nei comuni. Tuttavia per invertire la rotta, serve un cambio di paradigma.
Fra le varie proposte messe in campo a più riprese più o meno in tutte le Regioni interessate al problema:
Studentati o sedi universitarie: un'ottima soluzione per rivitalizzare edifici in disuso e attrarre una popolazione giovane che potrebbe animare il territorio anche in bassa stagione.
Accorpamenti e condhotel: la creazione di strutture più grandi e sostenibili, magari con la possibilità di mixare l'offerta tra albergo e residenze turistiche.
Principio di perequazione: liberare spazi e trasferire cubature in zone edificabili, per permettere la realizzazione di nuove infrastrutture senza consumare ulteriore suolo.
Creazione di parcheggi diffusi e infrastrutture condivise: lasciare spazi al comune per la realizzazione di parcheggi e servizi condivisi tra più hotel, come piscine, centri benessere, aree giochi, palestre e servizi di ristorazione.
Focus sul turismo invernale: Rimini e molte altre località italiane con un passato turistico importante soffrono di una stagionalità troppo marcata. Servono strutture adeguate per fiere ed eventi, capaci di attrarre un turismo business con alta capacità di spesa.
Rimini è solo un esempio di una problematica che coinvolge molte altre città italiane con un glorioso passato turistico ma che non si sono ammodernate in tempo. La crisi del settore alberghiero colpisce località di mare, montagna e terme che, senza interventi decisi, rischiano di rimanere ancorate a un modello di accoglienza ormai superato.
Per attrarre nuovi investitori e rilanciare il turismo, bisogna far comprendere che le cose stanno cambiando. Servono interventi urbanistici mirati, incentivi per la riqualificazione, una semplificazione burocratica che consenta di riconvertire gli spazi in modo efficace e una visione strategica per un turismo che non sia solo estivo e balneare.
Il rischio, altrimenti, è quello di continuare a vedere alberghi chiusi, strutture fatiscenti e un'offerta turistica che non riesce più a stare al passo con le esigenze del mercato moderno.
Roberto Necci
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