03/05/2025 - 03/05/2027
Negli ultimi anni, il settore alberghiero ha subito una profonda trasformazione sotto la spinta di variabili macroeconomiche complesse, tra cui l’inflazione elevata, l’aumento dei tassi d’interesse e una crescente selettività da parte degli operatori finanziari. Questi elementi hanno inciso in modo diretto sui criteri utilizzati per la valutazione degli asset alberghieri, imponendo una revisione metodologica orientata a una maggiore prudenza e sostenibilità finanziaria.
Tradizionalmente, la valutazione alberghiera si fondava su metodi comparativi basati su multipli di mercato (EV/EBITDA, RevPAR multiplo, €/key). Tali indicatori oggi risultano parzialmente inadeguati, in quanto non riflettono pienamente le dinamiche inflattive e l’aumento del costo del capitale. Gli investitori richiedono ora un’analisi più granulare dei flussi futuri, ponendo l’accento su:
Valutazione DCF (Discounted Cash Flow) aggiornata con tassi di attualizzazione coerenti con l’attuale WACC di mercato;
Stress test sui flussi previsionali, simulando scenari a inflazione persistente o contrazione della domanda.
L’incremento dei tassi d’interesse ha determinato una ridefinizione dei cap rate applicati agli asset hospitality. Se in passato i cap rate si attestavano su valori tra il 4% e il 6% per le strutture core in destinazioni primarie, oggi si registrano incrementi anche di 100–150 basis point, con valori medi sopra il 6,5% in molte aree. Il risultato è una contrazione del valore stimato, anche in presenza di performance operative stabili o in crescita.
Nella nuova logica valutativa, aumenta l’interesse per l’equilibrio tra la redditività operativa (OpCo) e la struttura patrimoniale (PropCo). Le due entità devono essere analizzate congiuntamente per determinare:
la sostenibilità della gestione (margini operativi, leverage, ROI);
la tenuta patrimoniale dell’asset, in relazione all’indice di copertura debitoria (DSCR) e alla leva finanziaria (LTV).
Ciò richiede un approccio integrato tra analisi aziendale e immobiliare, con strumenti di valuation ibrida.
L’analisi dei KPI non può più limitarsi a una fotografia puntuale delle performance (es. RevPAR o GOPPAR), ma deve includere:
Tasso di retention della clientela;
Costo medio d’acquisizione del cliente (CAC);
Elasticità tariffaria rispetto alla domanda;
Indice di resilienza operativa (IRO) in scenari di volatilità macroeconomica.
Questi indici permettono una lettura più profonda della qualità del cash flow e della capacità dell’hotel di adattarsi a contesti incerti.
Gli investitori, in particolare i fondi istituzionali, stanno modificando i propri criteri di underwriting. Le strategie si orientano verso:
Asset a basso rischio operativo (es. lease-based o contratti di gestione garantita);
Location resilienti, con forte domanda primaria e stabilità istituzionale;
Strutture già posizionate su segmenti ad alta marginalità (luxury, extended stay, resort branded).
Al contempo, si riduce l’interesse per asset value-add con elevata incidenza di capex o instabilità gestionale.
La valutazione alberghiera post-inflazione richiede un cambio di paradigma: dall’enfasi sulla valorizzazione passiva alla centralità dell’analisi dinamica dei flussi di cassa e del rischio. In questo contesto, solo chi saprà integrare competenze immobiliari, finanziarie e operative potrà interpretare correttamente il valore reale di una struttura ricettiva.
Roberto Necci
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